Museo degli Antichi Mestieri

Via Roma, Valli del Pasubio
Tel. 0445 590179
Web www.museialtovicentino.it
email prolocovalli@libero.it

Il fascino intramontabile degli strumenti di lavoro dei mestieri ormai scomparsi. Una testimonianza tangibile della storia quotidiana, anche non lontanissima, della cultura locale e di stili di vita che oggi sono molto cambiati, in una terra di confine. Sono gli oggetti, e la spiegazione del loro utilizzo, ad illustrare la storia della gente di montagna dell'Alta Val Leogra. Nel museo, attorno al focolare è ricostruita la cucina con una serie di suppellettili ormai desuete ai giorni nostri. Gli altri attrezzi sono raggruppati per mestiere, a rappresentare quelli più diffusi nella vallata: il contadino, il boscaiolo, il vignaiolo, il fabbro, il falegname, il calzolaio, il norcino e il casaro.

Il torcio (torchio) per la spremitura di un impasto di noci e nocciole al fina di ricavarne olio da lampade e da mobili.
La gavegnà o caponara per il trasporto di fieno o foglie in autunno, da utilizzare come letto alle mucche, per facilitare la pulizia della stalla e preservarla dall'umidità.
La piccola trebbia per il grano tenero, una volta coltivato negli appezzamenti di terreno più soleggiati, che veniva portata nei quartieri quando serviva. A partire dagli anni 60 questa coltivazione e quella del mais o granoturco sono quasi del tutto scomparse.
Il gerlo per il trasporto a spalla del letame sparso sui prati, come concime naturale.
Il carretto per il trasporto, con le targhe obbligatorie, testimonianze del pagamento di una tassa, come oggi il bollo auto.
I banchi a pedale, semplici morse, per lavorare in stalla e creare pioli in legno per scaletti.
Il legafascine per mettere insiene le ramaglie e facilitarne il trasporto.
Il tino per la pigiatura dell'uva e la gramola per macinarla.
L'allestimento della cucina di una volta con tanti suppellettili: i brusin per abbrustolire il caffè e l'orzo, i macinini, il caliero attaccato alla catena, i tajapan, il tajacapusi per preparare i crauti dal cavolo cappuccio, il bel seciaro con tutti i suoi componenti, il mestelo da lis-sia, la piccola credenza, il bigolaro, il vecchio ferro da stiro. In un angolo la culla, i passeggini, le fasce per i neonati e la monega per riscaldare i letti.
Nella bottega del fabbro: il trapano a mano, la forgia e il banco sono gli strumenti di lavoro.
La bottega del falegname (marangon) presenta il bancone con numerose pione, le morse, le seghe.
La piccola bottega del ciabattino è completa di tutti i suoi attrezzi e del deschetto da lavoro; numerose forme che servivano a modellare le scarpe e non solo a ripararle, zoccoli in legno e vecchie sgalmare con le brocche, sono esposte in vetrina.
Interessanti la mesa del norcino e i vari attrezzi per lavorare la carne di maiale, attività molto praticata in passato quando tutte le famiglie allevavano il mas-cio.
La casara era presente in ogni quartiere di Valli. Il latte munto la mattina e la sera, dopo la pesatura e l'analisi, viene versato nelle piane la sera; la mattina seguente il casaro toglie la panna con la spanarola e la deposita in un secchio in attesa di trasformarla in burro con i vari burci. Il latte riscaldato e fatto cagliare nella caliera, è poi sbriciolato con il triso per separarlo dal siero; accuratamente raccolto viene diviso nelle "fasare", compresso per la fuoriuscita del siero ancora presente e poi salato e stagionato.
Nella vetrina adiacente la porta, si notano gli indumenti e la lista del corredo nuziale, gli attrezzi del barbiere e un ebulliometro per misurare il grado alcolico.

La montagna vicentina

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